top of page

LA STORIA DELLA MADONNA DELL'AIUTO

Nel 1571 un episodio di guerra, di per sé non fondamentale, era destinato a simboleggiare lo scontro secolare con i Turchi, fino al punto di generare un codice narrativo valido per tutti i conflitti di religione...

 

A Lepanto lo scontro era già avvenuto nel 1477, nel 1499 e nel 1500. In quell’ultima occasione un’alleanza occidentale vittoriosa era stata formata da Regno di Spagna, Repubblica di Venezia, Stato Pontificio, dalle Repubbliche di Genova e di Lucca, dai Cavalieri di Malta, dai Farnese di Parma, dai Gonzaga di Mantova, dai dagli Estensi di Ferrara, dai Della Rovere di Urbino, dal duca di Savoia, dal Granduca di Toscana. La vittoria sul mare, consacrata subito alla Madonna del Rosario, ne evocava la sacralità.

Un secolo dopo a rinnovare l’immagine di Lepanto fu la reazione davanti all’assedio turco di Vienna del 1683. Ancora una volta l’alleanza occidentale si rivolse al divino, in quella occasione al Sacro Cuore di Maria.
La conclusione vittoriosa di quella vicenda in ambito tirolese fu attribuita alla Madonna col Bambino venerata a Passavia, dove si era recata anche la corte imperiale con l’imperatore Leopoldo I (1640-1705) per sfuggire al pericolo incombente su Vienna. Da allora quell’immagine fu denominata “Maria Hilf”, Maria che aiuta o Madonna dell’Aiuto.

Il titolo di Ausiliatrice era noto sin dall’epoca di Pio V e si propagò largamente in seguito alla vittoria di Lepanto, 1571 e anche dopo la vittoria di Vienna del 1683. La festa di Maria Ausiliatrice fu istituita dal papa Pio VII dopo la sua liberazione dalla prigionia napoleonica nel 1814 e fu fissata al 24 maggio.

UN CULTO DI FINE SEICENTO

La devozione alla Madonna dell’Aiuto, in Val di Cembra, va certamente collocato nel medesimo quadro di motivazioni e nell’accezione del sacro di fine Seicento, essendo contemporanea, ad esempio, la realizzazione della nuova Pala nella Cappella del Rosario nella Pieve dell’Assunta a Cavalese, in merito alla cui realizzazione ormai le ragioni sono note.

 

Già in passato attendibili ipotesi hanno fissato l’origine del culto alla Madonna dell’Aiuto fra il 1680 e il 1690. Vienna era appena scampata all’assedio dei Turchi (12 settembre 1683) con una vittoria dell’esercito cristiano (80mila uomini contro duecentomila ottomani), che il venerabile Marco da Aviano (1631-1699) aveva attribuito a “Maria Hilf”, “Maria l’aiuto”, vale a dire “Ausiliatrice dei cristiani”. In ringrazia\mento per quella vittoria, papa Innocenzo XI (1676-1689) dedicò il 12 settembre al SS. Nome di Maria.
In quel medesimo tempo, immagini dell’Ausiliatrice si diffusero pure in tutto il Tirolo italiano: a Lodrone di Storo, Fiera di Primiero, Nogaredo, Rovereto, a Castel Pietra presso Calliano, ma anche in Alto Adige: dalla cappella cimiteriale di S. Pietro a Funes alla parrocchiale di Merano. Sono la riproduzione di una pala d’altare che si trova nel santuario di Innstadt, sobborgo di Passavia (Baviera), costruito fra il 1624 e il 1627.

La pala fu commissionata (1620) dal decano della cattedrale di S. Stefano, Marquardt von Schwendt, a un pittore di nome Pius.

A sua volta, questi si era ispirato alla celebre Mariahilf di Lucas Cranach il vecchio (1472-1553) dipinta a Wittemberg nel 1514 e che oggi orna l’altare maggiore nella cattedrale di S. Giacomo a Innsbruch.

 A Segonzano, la copia della copia fu portata dal barone Ferdinando Francesco a Prato, che era stato canonico a Passavia dal 1676 al 1702. L’immagine (un olio su tela) fu collocata nella chiesa curaziale della Ss. Trinità. Successivamente, fu trasferita nel capitello costruito lungo la mulattiera che, fino al principio del XX secolo, collegava Segonzano con Sover e la Valle di Fiemme.
Da qui ebbe origine la leggenda di fondazione, simile a numerose altre fiorite sull’arco alpino. Si disse, infatti, che l’immagine era stata trovata nel bosco da un pastore del villaggio. Dalla curaziale, dov’era stato trasferito, il dipinto sarebbe poi scomparso per essere ritrovato nuovamente nel bosco.
Un segno inequivocabile, si disse, della volontà della Vergine di essere venerata lì e non altrove.
Fu costruito un capitello. Presero il via le processioni e la devozione conquistò altri villaggi della valle. L’edicola, infatti, è citata nelle Visite pastorali del 1710, 1749 e 1767. Nel corso della terza visita si notò che “a quel capitello, posto sulla pubblica via che viene da Sover verso Segonzano, vi si recano molti per devozione e vengono fatte molte elemosine”.

In attesa di trovare conveniente impiego con la costruzione di una cappella, il denaro fu

 dato in prestito a persone del villaggio contro il pagamento di un modesto interesse. Nel 1774 il capitale ammontava a 300 ragnesi.
Forte di quelle offerte, il regolano Vigilio Mattevi pensò fosse arrivato il tempo di fabbricare la cappella. Nell’agosto del 1774 presentò una circostanziata domanda all’Ordinario, vale a dire all’ufficio del vescovo e principe Cristoforo Sizzo de Noris (1763-1776).
Scrisse, tra l’altro, il regolano: “A motivo che da qualche molti anni è cresciuto il concorso al detto capitello, ossia capelletta non solo di noi qui del luogo, ma ancor da molti forastieri a quali tutta questa Sacratissima Immagine ha conferiti diversi singolari benefici, venendo anche da noi e da qualche popoli circonvicini visi-tata processionalmente in certi communi premurosi bisogni, saressimo intenzionati di sempre più ingrandire l’onore a detta sacra Immagine bella, bellissima, che tirra a sé ogn’affetto di divozione, con ridurre il detto luogo ad una competente decenza per potervi celebrare la S. Messa in qualche pubblico concorso o privata divozione senza pregiudizio o danno di questa venerabile chiesa curata, il di cui onore, frequenza e vantaggio ci sta a cuore”.

bottom of page