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DINTORNI

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PIRAMIDI DI SEGONZANO

Si tratta di uno dei più conosciuti e studiati fenomeni di erosione delle acque dilavanti in una coltre morenica potente fino a 40 metri e coperta da sfasciume detritico. Localmente sono chiamate “I Omeni de Segonzan”. Le pallide, diafane figure della bizzarra costruzione della natura, molto varie per forma e dimensioni, si stendono tra il bosco creando un vivissimo contrasto, anche cromatico, con il colore scuro dell’ambiente circostante. Si possono raggiungere attraverso il sentiero attrezzato che parte dal piccolo centro visitatori con parcheggio, punto di ristoro e tabelle descrittive, a fianco del ponte sul rio Regnana lungo la strada provinciale che collega Lases a Segonzano.

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CASTELLO DI SEGONZANO

In pochi minuti, passando a lato del cimitero, si raggiunge la grande rupe porfirica sopra la Vallaccia, dove si ergono i ruderi del castello di Segonzano. È al centro della valle, dove essa stabilisce un’ampia depressione ad anfiteatro permettendo il passaggio naturale, storicamente il più spedito, tra le due sponde e il tramite naturale dei traffici antichi fra la Valle dell’Adige (Salorno e San Michele) e la Valsugana (Piné e Pergine).
Il castello fu costruito nel 1216 da Rodolfo Sconcio de la Curte: bombardato, saccheggiato e incendiato durante le invasioni napoleoniche, cadde in rovina alla fine del Settecento. La torre superstite è detta romana o delle Prigioni.
Il castello fu ritratto in due celebri acquarelli da Albrecht Dürer, che in due altri lavori colse le impressioni della valle quando nel 1494 percorse, diretto a Venezia, la vecchia strada che collegava la Valle dell’Adige alla Valsugana attraverso la Valle di Cembra. Il castello controllava il ponte di Cantillaga sull’Avisio fra il versante di Cembra e quello di Segonzano.

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CASCATA DEL LUPO

Percorrendo il sentiero nella valle della Regnana, antico nome per designare la presenza di un altoforno quattrocentesco per la produzione della ghisa ferrosa con il cosiddetto metodo alla bresciana, attraverso una scalinata di sessanta gradini si scende all’imboccatura del dirupo in cui precipitano le acque del rio Regnana e del canale dei Casèi, con un salto di circa 36 metri. È la cascata del Lupo (Bot del Lof). Il suo nome originario è Bot del fol, in quanto qui si follavano (battevano) la lana, il lino e la canapa.

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